bracconaggio

Estratto dal "quaderno"

Mezzi arcaici e moderni per una CACCIA intesa “bracconaggio”

(Alquanti capitoli sono stati qui omessi, come pure la più larga parte di immagini, onde non svuotare di contenuti i nostri interventi a Seminari o Raduni Campali. Peraltro, il visitatore può giovarsi delle tavole di "tracce" ed orme)

CONCETTO DI ESPERIENZA E SUA VALENZA

L’umiltà non sembra rientrare tra le doti del cacciatore e nemmeno tra quelle di forestali, guardacaccia e naturalisti. Permetteteci un chiarimento.

Esperti lo siamo tutti, nessuno escluso, rimane purtuttavia a vedere quanto e in quale campo perché l’onniscienza ha i suoi limiti indefiniti. Più modestamente, dobbiamo ammettere che abbiamo ancora tanto da imparare, noi tutti.

Non ci sfugga la definizione di esperienza: “Conoscenza che risulta da prove e fatti direttamente studiati”; quella di esperto: “Provetto, destro, abile, accorto”; ed il neologismo “sostantivo con valore di perito tecnico”.

Il concetto è ben chiarito, la valenza, andiamola a ricercare ogni volta.

 

ATTIVITA’

Prepariamoci al nostro servizio, sia esso di studio, di guardianaggio o ispezione. Nel caso, in località isolata.

Il primo passo sarà il nostro abbigliamento, e le scelte si impongono.

Abbiamo consigliato, per la caccia agli ungulati, vestiario morbido, che non provochi fruscii, dal colore smorto e intonato all'ambiente. In questo caso aggiungiamo, evitando ritrovati moderni come il Gore-Tex che il fruscio, per l'appunto, lo garantiscono al pari dell'impermeabilità e traspirazione.

Particolare cura sarà inoltre riservata alle calzature.

Il cacciatore "normale" usa suole fortemente scolpite per garantirsi la massima adesione al terreno e usa stivali alti, convinto gli proteggano meglio le caviglie. Non nota o non bada al fatto che proprio le scolpiture della suola gli garantiscono la rumorosità mentre la costrizione della caviglia e parte del polpaccio gli garantisce la scarsa flessibilità e manovrabilità del basso arto. Ove non sia possibile altra scelta, riporrà nello zaino gli "scarpets" carnici ovvero delle scarpe basse dalla suola "liscia".

Il berretto, di panno, sarà sufficiente a coprigli il capo e privo di quegli fronzoli, tese o frontini evidenti tanto cari al comune cacciatore.

 

 

Il secondo passo consisterà nello scegliere il materiale da riporre nello zaino.

Il guardacaccia non usa il saccopelo, usa la coperta (meglio se di loden, una pezza semplice) perchè sa che il suo intervento, in qualsiasi condizione, dovrà essere tempestivo e preciso (rimane l'alternativa dell'ampia mantella). L'ampia pezza di loden gli garantisce il riparo dalla pioggia, dal vento, dalla neve come pure l'estrema facilità di liberarsene, qualora si sia acquattato fin nei pressi di una trappola e la sua attesa non si riveli vana.

Oggi sono disponibili dei fogli di poliuretano che garantiscono un'efficace isolamento dal suolo (ma sono pur sempre ingombranti). Da evitare, è il caso di dirlo? quei fogli alluminizzati, meravigliosi anch'essi ma meglio riservati all'escursionista.

Una fiasca d'acqua, un piccolo recipiente, qualche tavoletta di meta, caffè o tè solubili, un'alimentazione compressa gli permetteranno di rimanere appostato nei pressi per un paio di giorni, senza correre il rischio di farsi notare.

Se l'ispezione sarà diretta alla semplice verifica di "transito", potrà tendere segnali "delicati" e "invisibili" come un sottile filo di lana scadente o ancora, un filo da imbastitura, entrambi opportunamente tinti. Il filo da pesca riluce al sole, il vecchio ramo non si sposta per effetto del vento, il ramo nuovo non si rompe per caso, ecc.

Cari vecchi guardiani, nel tempo sostituiti da vigili urbani, impettiti nelle loro divise e ammennicoli di stile militare, dotati di ricetrasmittenti sempre attive o di telefoni cellulari irraggiungibili.

Questo è il moderno tipo di vigilanza: mezzi meccanici ed elettronici. Gli uni per muoversi più velocemente, gli altri per meglio individuare gli inadempienti o sorvegliare e censire la selvaggina. Li troviamo limitati e limitativi. Il mezzo meccanico, per sortire effetto, dovrebbe essere usato in coppia e il mezzo elettronico risulta individuabile da un bracconiere evoluto: nella "rete", ci cadono i "pollastri".

Vediamo così che i servizi migliori li rendono gli appassionati che sono capaci di integrare i vecchi metodi con i nuovi.

Quindi, rilevazione della targa, quando possibile; appostamento appiedato con uso della ricetrasmittente; supporto del mezzo meccanico in periferia: la squadretta non sarà composta da meno di quattro persone ed altrettante saranno disponibili al cambio. Un esercito del quale, l’agente venatorio quale noi lo vorremmo, è un tipo educato che sa ascoltare e sorprenderci con la sua saggezza, perspicacia, dedizione.

Ci piacerebbe che mettesse fuori gioco certi birbanti che impunemente e continuamente combinano marachelle di ogni tipo, indisturbati, e non ce ne vogliano, quanti tra loro sentono il “dovere”. Lo sappiamo, esistono pure loro, peccato siano delle “mosche bianche”.

 

TIPOLOGIA DELL’UTILIZZATORE

In apertura, abbiamo accennato all’uso diverso che si può fare dei diversi dispositivi e come possano essere utilizzati a favore o contro la fauna, secondo tempi e modalità.

Cominciamo a parlare di Scienza e Ricerca. Gli operatori utilizzeranno sicuramente le trappole a cassetta, le gabbie, le armi ad aria compressa, le cerbottane. Le prime, non saranno suscettibili di provocare ferite, le seconde, utilizzeranno siringhe dotate di narcotico.

Accenniamo a guardacaccia, forestali ecc. Questi potranno pure far uso, secondo le disposizioni, degli stessi arnesi o, ancora, dei lacci a chiusura controllata, ecc.

Ne ricaviamo che prima di intervenire in qualsiasi modo dobbiamo studiare la situazione. In ogni caso, dovremo far attenzione a non farci imputare della posa, quando illecita.

Altra fattispecie di utilizzatore è il “bracconiere”. Costui non si porrà il problema della sofferenza dell’animale e le sue trappole pertanto saranno spesso di tipo superato e pure lesivo. Per meglio intenderci, esaminiamo le sottostanti tipologie non lesive.

 

 

      Altro discorso è l’utilizzatore di “manufatti” non destinati direttamente all’uso venatorio. Questo può essere un ricercatore, un guardacaccia, un cacciatore, un fotografo, un naturalista.

 

 

 

Il guardacaccia ed il forestale utilizzeranno metodi più accorti per una “preda” attenta e pericolosa, adusa alla circospezione e a volger le terga al minimo sospetto.

In ogni caso, saranno in grado di riconoscere la “preda” dal comportamento, tanto a piedi che con la vettura, dalle modalità di posa della trappola o dell’uso del fucile, dall’intensità dell’esplosione di quest’ultimo, dal tipo di scarpe, ecc.

 

LE NOSTRE CONCLUSIONI

Sbaglierebbe chi sottovalutasse qualsiasi selvatico e qualsiasi “bracconiere”. Ognuno di loro dispone di un bagaglio di memorie e conoscenze che gli consentono di salvar la “ghirba”.

Sbaglierebbe ancora, chi pensasse di intraprendere il percorso di una caccia “fina” senza un bagaglio di conoscenze che non può essere sviscerato in poche ore ma va appreso e soprattutto  perfezionato, in tempi ben più lunghi.

Non meno sbaglierebbe chi pensasse poter supplire il vasto argomento degli attrattivi o dei repulsivi o ancora delle provocazioni.

Una marea di nozioni indispensabili.

  “In bocca al Lupo!”

  Allegati: "tracce" ed orme