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"Scolpite nella roccia"

J'ACCUSE

Non per fare il verso a Emile Zola, ma che la situazione venatoria in regione fosse talmente grave da poter sfociare in un delitto come quello di Torviscosa, i più avveduti se lo aspettavano da tempo ed ecco il motivo per cui il fatto, per quanto doloroso, non ha destato in me alcuna sorpresa.
Perciò, "J'accuse"!!
Dopo il fatto di Bagnaria Arsa, in cui un ex maresciallo dei Carabinieri - non un quisque de populo - aveva ferito a fucilate una guardia che lo aveva sorpreso con un fagiano non denunciato e dopo l'uccisione, ad Ampezzo, di un ragazzino colpito da da bracconieri rimasti sconosciuti alla giustizia, non certo alle convinzioni profonde della comunità locale, ora mancava solo l'omicidio volontario.
Abbiamo dunque fatto "en plein" e non manca più nulla, se non l'omicidio premeditato ma, se le cose andranno avanti così, non dubito che presto arriveremo anche a questo traguardo.
Ci sono già delle riserve in cui la "malacaccia" sta diventando una questione di ordine pubblico.
All'omicidio premeditato ci arriveremo dunque di sicuro se la classe politica regionale - fatte salve le debite, felici eccezioni - non la smetterà di tener bordone ai peggiori tra i cacciatori, assecondandone i più biechi istinti, nella speranza di ottenere una manciata di voti.
Ci arriveremo, in particolare, se la medesima classe politica non smetterà di avere - oggi - paura di aver avuto - a suo tempo - il coraggio di por fine, con una nuova legge, ad un trentennio di completo abbandono del settore venatorio da parte dell'Ente pubblico. 
Questa legge, che per la prima volta impone alcuni semplici precetti, comuni a tutti gli altri paesi europei, viene giorno per giorno smantellata dagli stessi che hanno contribuito ad approvarla.
Da politici, cioè, sensibili alle urla di frange agguerrite che non intendono rinunciare ai propri diritti acquisiti di "malacaccia", conquistati per una sorta di "usucapione".
Consiglieri regionali dediti alle sanatorie, alle deroghe e perciò stesso alla distruzione dei concetti elementari del vivere civile, quelli secondo i quali i buoni vanno premiati e i cattivi puniti.
Ecco il motivo per cui questo delitto ha sì un colpevole diretto in chi ha sparato, però ha anche tanti responsabili morali ed indiretti.
Ne sono moralmente responsabili coloro che avevano occhi per vedere e li hanno chiusi; coloro che avevano strumenti per fare e non li hanno usati; coloro che per mantenere tessere associative hanno fatto come le tre scimmiette; coloro che hanno approvato una legge che riammetteva l'uso dei pallettoni pur sapendo che era illecita e destinata a cadere; coloro che hanno dato luogo a fughe di notizie quando c'era un'operazione contro i bracconieri; coloro che dovrebbero perseguire i cacciatori di frodo ed invece vanno a cena assieme; coloro che, titolari di trattoria, acquistano selvaggina dai bracconieri; coloro che dovrebbero ficcare il naso nei congelatori di questi locali per verificare che la carne sia stata acquistata legalmente e non lo fanno; coloro che dovrebbero gestire la propria riserva ed invece la distruggono; coloro che dovrebbero controllarne la gestione ed invece se ne astengono; coloro che dovrebbero commissariare le riserve i cui direttori agiscono male ed invece restano inerti; coloro che non sostengono politicamente i funzionari regionali che fanno il loro dovere; coloro, tra gli ambientalisti, che non hanno mai aiutato i cacciatori onesti ed impegnati; coloro, tra i bravi direttori, che invece di dare il buon esempio, adeguandosi ad una stretta di cinghia normativa forse per loro non necessaria, però utile per riportare l'intera comunità venatoria su criteri di maggiore correttezza, capeggiano le rivolte.
Ho dimenticato qualcuno?
Ah sì: il sottoscritto che, nonostante siano anni che predica per una moralità venatoria, evidentemente non è ancora riuscito a trovare le parole giuste per essere convincente.
Su tutti costoro ricade il sangue di Aroldo Prosperi, ucciso mentre proteggeva la sua riserva.
Un uomo coraggioso davanti al quale i cacciatori onesti dovrebbero togliersi il cappello e recitare un "mea culpa" per non aver fatto abbastanza e per non avere allontanato dalla caccia gli indegni.
Il delitto di Torviscosa ha strane analogie con quello del padre del poeta Giovanni Pascoli.
Anche Prosperi, come il padre del poeta, dirigeva una tenuta; i nomi delle due proprietà - Torlonia e Torviscosa - hanno lo stesso prefisso; ambedue gli uccisi caddero in un agguato con fucile da caccia; probabilmente in ambedue i casi gli assassini erano bracconieri con vecchie ruggini.
Anche a Torviscosa, dunque, "tornava una rondine al tetto/l'uccisero, cadde tra spini" e probabilmente anche in questo caso il colpevole non verrà mai trovato.
Ma per Aroldo Prosperi non ci sarà nessuna cavallina storna che lancerà "alto un nitrito", per indicare l'assassino.
Siamo nel 2001 e i "pic up",non nitriscono.
Però i bastardi ci sono ancora.

Marco Buzziolo