(Alquanti capitoli sono stati qui omessi, come pure tutte le immagini, onde non svuotare di contenuti i nostri interventi a Seminari o Raduni Campali)
Adottate
empiricamente da antesignani “gestori”, certamente “maestri di caccia”,
più recentemente –e pure nel nostro paese- sono oggetto d’attenzione della
Scienza che ne ricerca essenze e modalità più appropriate.
Non
sfruttare i risultati di queste ricerche equivarrebbe a gettare opportunità
preziose, tanto in termini venali immediati che in risultati di più lungo
termine.
Nell’adottarle,
sarà quanto mai indicato –avendone la possibilità- utilizzare semi di
produzione locale. Infatti, il risultato di un seme selezionato a vantaggio
delle colture intensive di pianura sarà deludente o addirittura nullo in
montagna.
Ne
abbiamo notizie certe dal Trentino e dal Carso.
Le
diverse essenze andranno ricercate tra quelle generalmente appetite dalle specie
fauniche e talvolta non rinvenibili all’agraria di paese.
Ove
le condizioni ambientali ed i nostri rapporti con il mondo agricolo e forestale
ce lo permettano, sarà quanto mai opportuno prevedere opere di dimensione
adeguata, cioè non troppo ristrette da essere sfruttate radicalmente e non
troppo vaste da essere inutilmente costose. In questo senso, pure il loro numero
deve essere calcolato in base alla tipologia del territorio.
Sappiamo
per certo che i territori a culture diversificate ed alternate, siano agricole o
forestali, offrono maggiori opportunità di sostentamento e rifugio alla
selvaggina. In tali ambienti, il nostro intervento sarà plurimo ma su
estensioni opportunamente ridotte.
Viceversa,
grandi estensioni di tipo monocolturale sono in grado di produrre limitata
quantità di selvaggina –pure per carenza di aree rifugio- che ricerca
l’alimentazione a vasto raggio, per cui il nostro intervento potrà essere
ridotto numericamente ma attuato su estensioni più vaste.
Giova
proporre una esemplificazione di popolamento (Alberto M. Simonetta - Fig.1)
-peraltro valida per tutte le specie- come pure un esempio di attività di
sostegno (Birkan e Jacob - Fig. 2).
Tali
attività sono indirizzabili tanto ai granivori –migratori e stanziali- quanto
agli erbivori di piccola taglia -lepre o coniglio- o ai grossi ungulati -ben
compreso il cinghiale-.
Per
solo esempio, nel primo caso, taluni uccellatori con rete a scatto (una sorta di
prodina, ma orizzontale) usavano spargere semi e i loro appostamenti erano
regolarmente visitati dai guardacaccia che temevano irregolarità a danno di
starne e fagiani.
Allo
stesso modo, erano tenuti d’occhio i campetti coltivati a medica, quando ben
si sapeva che il proprietario non aveva animali da sfamare.
Accertata
quindi l’utilità e convenienza delle colture, andiamo ad esaminare quali
specie arboree siano privilegiabili (beninteso, le spontanee utili, quando
riproducibili, non sono assolutamente da scartare.
Acquatici
La
diversificata alimentazione delle varie specie: plancton, vegetali, pesci
consiglia di intervenire soprattutto sull’ambiente (Fig. 3: Alberto M.
Simonetta –modif.).
Come
vegetazione arborea, sono da preferirsi l’ontano nero e la farnia, di cui sono
appetiti semi e ghiande da germani ed altre specie. Utili pure il pioppo, il
salice, il rovo, la rosa canina, la tamerice. Tra la vegetazione di scarpata
sono maggiormente indicati il coltellaccio, il giunco, la carice, la coda di
cavallo, il giunco da corde. Tra quella
semi sommersa, la lingua d’acqua e il poligono. Tra le piante sommerse la
peste d’acqua e tra le natanti la lemna.
Accorgimenti possono adottarsi nei
piccoli specchi provvisti d’acqua a bassa durezza o tendente all’acidità,
che pertanto consentono la crescita di poche piante utili agli uccelli. Per
esempio, si spargeranno 50 chili di polvere calcarea o farina fossile ogni mezzo
ettaro di superficie. Si ripeterà l’operazione lungo l’argine ogni tre mesi
e sinchè non si sia raggiunto il grado alcalino desiderato (Da: Alberto M.
Simonetta).
Pur tuttavia, per talune specie può
essere utile adottare coltivazioni con un menù da granivori: riso, granturco,
frumento ecc. Queste, ad evitare un continuo calpestio da parte dei richiami,
saranno poste a conveniente distanza dagli specchi d’acqua.
L’habitat
degli acquatici è stato per gran parte distrutto, non solo nel nostro paese, e
il numero di specie riproducibili in cattività è irrisorio. E’ quindi quanto
mai auspicabile la conoscenza della loro etologia, il rispetto nei periodi di
riproduzione, l’attivazione di quelle strutture che possono favorirne la
sussistenza. Anche in accordo con il mondo ambientalista che non è limitato ad
associazioni elemosinanti e paranoiche.
Nel
concetto di biodiversità sono un tesoro inestimabile. Non esiste scusa alcuna
che possa giustificare la loro eventuale scomparsa dalle nostre montagne.
E’
ben vero che “naturalisti” di facciata -in realtà avidi utilizzatori
ambientali- abbiano eretto rifugi appresso le arene di canto (p.e. Foran de la
gialine – Moggio Ud.) ma –anche in questo caso- non è meno vero che
cacciatori e naturalisti–ecologisti potrebbero trovare comuni accordi ed
iniziative utili alle specie.
Con
riguardo alla loro etologia, l’intervento umano va indiscutibilmente diretto
all’ambiente e non certamente aprendo strade forestali. Queste vanno riservate
agli interventi antincendio, diradamento o disboscamento, apprestamento di
strutture anche di gestione venatoria, ecc.
Alle alte come alle medie quote, le
superfici dovrebbero essere curate per favorire il ripristino e l’espansione
delle essenze indispensabili alla sopravvivenza delle specie. Pure a queste, non
giova la monocultura. Vaste estensioni a pecceta, a faggeta, a prateria
selvaggia ottengono lo stesso risultato di un campo di mais in pianura.
E’
ben vero che non sia possibile andarsene pel monte con una zappetta a
trapiantare mirtilli, ma ci rimane pur sempre la soluzione del diradamento,
dell’abbattimento parziale, del pascolo incentivato.
Progettare
il pascolo brado di vaccine non è utopia. Le sperimentazioni sono tutt’ora in
corso con razze particolarmente rustiche che sembrano fornire risultati
apprezzabili.
Il
diradamento è certamente più oneroso, d’altra parte confortato dal lento
accrescimento delle essenze sgradite.
Osserviamo
ancora come, in Regione, non manchino incentivi finanziari.
Granivori.
Sono indicati: avena, frumento, favino, mais,
miglio, panico, grano saraceno, segale, sorgo.
Erbivori
Sono utilizzabili avena, frumento, colza, cavolo da
foraggio, erba mazzolina, erba medica, carota, anice, senape, pisello da
foraggio, ramolaccio da foraggio, lupinella, segale, trifoglio incarnato,
trifoglio violetto, veccia villosa.
Nei
confronti degli ungulati vengono altresì attivate colture di essenze diffuse
naturalmente dal vento o dagli uccelli, com’è il caso del topinambur
(rintracciabile p.e. lungo l’autostrada A4). E’ possibile che pure la
diffusione della patata dolce americana abbia stessa origine.
Miscele
Per
le proprietà di talune colture di favorire nidificazione e cova nonché
prestarsi all’alimentazione e rifugio degli erbivori, vengono consigliate
(dall’INFS) talune miscele.
E’
evidente che possono essere ulteriormente aggiustate e personalizzate:
Avena,
veccia e/o pisello da foraggio. Frumento, grano, veccia villosa e/o pisello da
foraggio. Colza, ramolaccio, rapa. Cavolo e rapa. Erba mazzolina, erba medica,
trifoglio violetto. favino, avena. Erba medica, erba mazzolina, e/o panico e/o
miglio. Mais, miglio. Miglio, panico, grano saraceno, cavolo, carota, anice e
altro. Miglio, mais, panico. Panico e/o miglio,
e/o mais, e/o grano saraceno. Senape, avena. Pisello, e/o senape, e/o
avena. Ramolaccio, rapa. Lupinella, e/o erba mazzolina, e/o loglio perenne.
Grano saraceno, miglio, panico. Segale, veccia, panico, e/o pisello da foraggio.
Sorgo, miglio panico. Trifoglio incarnato, veccia e/o loglio perenne. Trifoglio
violetto, erba mazzolina e/o loglio perenne. Veccia, avena, e/o segale, e/o
favino, e/o pisello.
Beninteso,
quanto qui indicato può essere fruito pure dagli ungulati.
Per quest’ultimi, sono consigliate pure altre
miscele: quella semplice: segale e veccia pelosa; semina in agosto e utilizzo
inizio inverno-primavera; quantità 10 + 8 Kg. X 1000 mq. La miscela di
Landsberg: semina in agosto; utilizzo invernale; composizione 3 Kg di veccia, 2
Kg di trifoglio incarnato, 2 Kg di loglio. La miscela di Ranwolf: semina in
maggio, utilizzo tutto l’anno; composizione avena 25 Kg, frumento 25 Kg, grano
saraceno 7 Kg, soia 6 Kg, lupino dolce 4 Kg, veccia comune 4Kg, colza invernale
3 Kg, veccia primaverile 3 Kg, ravizzone invernale 2 Kg, girasole 1 Kg, mais
ibrido 1 Kg, rapa 1 Kg, uccellina 1 Kg, bietola da foraggio 0,5 Kg, bietola da
zucchero 0,2 Kg, cavolo da foraggio 0,2 Kg, carota da foraggio 0,1 Kg, senape
complementare (Da: I.N.B.S. – GHIGI).
Ancora,
troviamo miscele preconfezionale da: Ziboni Ornitecnica Srl – Costavolpino,
Bergamo – tel. 035988038, fax. 035988213.
“Natursemi”
Specifici per ambiente e fauna.
Miscuglio universal BIO 2460 (Confezione Kg. 10)
Tipo: “fauna in genere”; utilizzo: autunnale-invernale; composizione Paleo,
Segale silvestre, Panico, Finestrino, Erba medica, Grano saraceno, Trifoglio
rosso, Girasole. Miscuglio fisian PLUS
2461 (Confezione Kg. 5) Tipo: “Fasianidi”; utilizzo: autunnale-invernale;
composizione Segale silvestre, Hibridmais, Panico, Grano saraceno, Finestrino,
Pisello, Girasole, Lupino granifero. Miscuglio Lepoplus ERBARIO 2462 (Confezione
Kg. 2,5) tipo: “Lepri, caprioli”; utilizzo: estivo-antunnale; composizione
mix 7 trifogli, Sanguisorba, Panico, Cumino, Paleo, Fieno greco, Erba medica,
Segale, Piantaggine. Miscuglio Pratomix FLORAPI (Confezione Kg. 5) tipo: “Api
e fauna minore”; utilizzo, primavera-estate; composizione Trifoglio rosso,
Lupinella, Erba medica, Trifoglio fistoloso, Finestrino, Cumino, Calendula,
Paleo, Loietto.
E’
interessante notare come, appena nel miscuglio Lepoplus, appaia il componente
piantaggine, più volte indicato dallo scrivente unitamente a tutte le piccole
graminacee selvatiche, seppur di difficile coltura. Queste, sono comuni sui
pascoli delle vaccine, non altrettanto nei terreni in disuso ove vengono
fagocitate dalla vegetazione più elevata. All’osservatore non sfuggirà come
territori, in cui la piantaggine sia cospicuamente presente, forniscano trofei
di valore superiore.
.
Chi abbia un’esperienza maturata nel corso degli anni, avrà certamente notato, seguendo il lavoro agricolo –pastorizio -forestale, come le aree di volta in volta interessate da simili operazioni siano subitamente riconquistate e popolate dalla selvaggina.
Il motivo è riconducibile alle mutate e più favorevoli condizioni di pascolo-brucatura. Non è pertanto nemmeno lontanamente da porre in discussione l’apporto positivo di queste pratiche a quella che è la gestione ambientale a fini faunistici.
Allo stesso modo, frequentando diversi ambienti, l’osservatore avrà notato diverse evoluzioni delle popolazioni, pur sempre legate a fattori ambientali di ricovero e pascolo.
La scienza ha statisticamente provato gli asserti degli osservatori dilettanti, confermando incrementi di natalità, miglioramento della qualità dei soggetti, maggiore fidelizzazione laddove l’ambiente offriva caratteristiche più confortevoli.
Non manchiamo di notare ancora, come i migliori risultati siano ottenuti in ambienti di diversa composizione arborea e tra questa di essenze di diversa età.
I cacciatori che volessero incrementare le consistenze dei loro territori possono quindi trarne opportuna lezione e provvedere, similmente all’opera dei professionisti ovvero servendosi di questi, alle opere di sfalcio dei prati e dei pascoli in disuso, alla potatura delle piante fruttifere, al diradamento –ed accortamente per classi di età- delle superfici boscate.
Un lavoro impegnativo, destinato a premiare, secondo destinazione, già nell’anno in corso come nei futuri.
Qui si propone, per solo esempio dell’accortezza da usare, uno studio sulla frequenza avifaunistica lungo siepi di diversa composizione (Fig. 5 – Soltner ’91).
Segue: